8 marzo 2020
La relazione formativa è influenzata dal contesto in cui si realizza fin dal primo momento, quando il formatore “mette piede” nel luogo predisposto agli incontri.
Nella mia esperienza di formatore ho sempre fatto tesoro della consapevolezza di questo condizionamento per poterlo modificare, quando possibile, o per adattare il mio stile alle esigenze ed alle circostanze che di volta in volta mi sono trovata ad affrontare.
In particolar modo ho sperimentato due situazioni piuttosto differenti: la prima, fare formazione agli operatori di un Centro Diurno Integrato, la seconda insegnare a futuri operatori ASA o OSS in un centro di formazione professionale.
Nel primo caso le professionalità che ho incontrato sono diverse (infermieri, OSS, educatori, ecc.) ma ciò che accomuna i discenti sono gli anziani che frequentano il servizio, il loro contesto di lavoro, le prassi e l’organizzazione che condividono ogni giorno.
Prima della lezione, alla fine di una giornata di lavoro, mentre vengono sistemate le sedie o le poltrone in cerchio, tra pacchi di pannoloni e comode che vengono spostate, c’è sempre spazio per un breve aggiornamento tra colleghi in merito ad un fatto accaduto durante la giornata, per ricordare o condividere qualcosa che andrà fatto il giorno dopo, per chiedere le ferie alla coordinatrice o per questioni puramente personali.
Come formatore mi sentivo esclusa da questa parte della vita del centro, anche se l’informalità di questi primi minuti ha fatto sì che venissi coinvolta in un clima molto piacevole e paritario.
Ho trovato molto stimolante questa esperienza, nella quale sono stata percepita come un’esperta che si confronta con altri esperti, professionisti della cura a differenti livelli, in una relazione formativa meno asimmetrica rispetto a molte altre.
Il focus della formazione non è stata la trasmissione di conoscenze; invece, al centro degli incontri abbiamo messo l’esperienza vissuta dai partecipanti.
Il mio ruolo è stato quello di condurre il gruppo a riflettere sulle proprie prassi di lavoro partendo dalle parole scambiate tra l’operatore e l’anziano smemorato e invitando tutti a offrire il proprio contributo.
Questo tipo di contesto e di conduzione ha coinvolto anche i più scettici e tutti gli operatori hanno dimostrato voglia e desiderio di raccontarsi anche alla fine di una faticosa giornata di lavoro.
La formazione che viene richiesta presso il centro di formazione professionale è invece più didattica e scolastica.
Basti pensare banalmente alla disposizione dei banchi e delle sedie contrapposte alla scrivania del docente.
Spesso, quando possibile, ho tentato di rompere questo schema facendo lavorare le persone in piccoli gruppi, spostandomi io stessa e mettendomi in fondo alla classe, appoggiandomi alla scrivania o ai banchi, ma la percezione che ho sempre avuto è che il setting sia talmente influente che gli operatori, che peraltro non hanno esperienze lavorative se non sporadiche o di assistenza privata, sentano molto la distanza tra docente e discente.
I discenti, a differenza del precedente caso, appartengono tutti alla stessa categoria professionale e ciò a mio avviso crea coesione tra il gruppo ma amplifica la distanza percepita con il docente, favorendo la creazione della dicotomia docente-discenti che potrebbe dare l’impressione di impoverire la formazione (ma non credo sia così, non conta solo l’io professionale).
Ciò che mi ha spesso aiutato in questo tipo di incarico è favorire la partecipazione attiva degli alunni, lasciando spazio ogni volta che è possibile ai racconti e alle esperienze personali (non mi è mai capitata una classe in cui non ci sia qualcuno che ha avuto a che fare con l’accudimento di una persona anziana, familiare o meno).
La situazione forse più appagante è quando rivedo gli operatori dopo il periodo di tirocinio: l’incontro è interamente dedicato alla esperienza vissuta e gli operatori si raccontano con grande entusiasmo rendendo di fatto la relazione formativa più paritaria rispetto a quella che il contesto “scolastico” della classe solitamente comporta.
Non è semplice adattare il contesto ai nostri obiettivi formativi o adattarsi ad esso traendo il meglio da ogni situazione.
Reputo sia fondamentale essere consapevoli dell’importanza e dell’influenza che il contesto ha nella relazione formativa al fine di migliorare l’esperienza, rendendola più appagante e significativa non solo per i discenti ma anche per il docente.
Lascia un commento